Eventi Storici - Roccapelago

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EVENTI STORICI
nelle terre del Frignano

Le vicende belliche e politiche del cinquantennio della signoria da Montegarullo
Il Frignano a cavallo tra il 1300 e il 1400


I periodo storico che va dalla metà del 1300  ai primi lustri del secolo seguente rappresenta per il Frignano la  delicata fase che segna il passaggio da un sistema  politico-amministrativo fondato sul potere dei piccoli signori locali al  dominio sempre più pressante e capillare  di uno Stato regionale. Fino ad allora le azioni intraprese dai comuni  di Modena e Bologna per assoggettare l'Appennino modenese non avevano  intaccato nella sostanza, al di là di un riconoscimento formale e  incostante, l'autonomia giurisdizionale dei vari cattani, che avevano  saputo destreggiarsi abilmente sfruttando il persistente contrasto fra  le due città rivali. Ma il gioco politico si fa più complesso e arduo  quando gli Estensi, recuperati i territori montani nel 1337, ne  intuiscono sempre più l'importanza strategica in vista di una futura  espansione nella instabile valle del Serchio e, per converso, i governi  di Lucca e di Firenze (quest'ultimo già insediatosi nel 1332 a Barga,  nel cuore della Garfagnana lucchese) guardano entrambi all'area  frignanese del Pelago come alla indispensabile testa di ponte per  controllare le vie di accesso alla Lombardia. In tale contesto la Rocca  del Pelago, sia per la sua ideale posizione geografica sia per la sua  forte struttura difensiva, costituisce la posta in gioco più ambita  nell'intricato processo diplomatico-militare in cui viene a trovarsi  coinvolta l'alta montagna modenese.

Le vicende belliche e politiche del  cinquantennio che vede il declino della signoria dei nobili da  Montegarullo e, dopo il latente e ambiguo contrasto con le due città  toscane, il coronamento del paziente e accorto disegno della Casa  d'Este, sono state descritte più o meno compiutamente da vari storici, i  quali, però, hanno dato rilievo alla narrazione dei fatti più che alla  indagine sui moventi e i retroscena, nonché sulle ragioni della parte  soccombente. Pertanto si è ritenuto non inopportuno il tentativo di  delineare un excursus analitico di quel cruciale periodo storico del  Frignano, estendendo l'indagine agli antefatti e ai postumi, aggiungendo  ele­menti nuovi o finora  poco noti, e mettendo a confronto criticamente i resoconti non  disinteressati delle varie parti in causa. Tra le fonti compulsate (atti  pubblici e privati, cronache, rasse­gne storiche di parte estense,  lucchese e fiorentina), si è anzitutto dato il maggior credito a quelle contemporanee o cronologicamente assai prossime agli eventi di cui esse  trattano: i documenti coevi della Cancelleria Estense (lettere e decreti  marchionali); le antiche annotazioni su codici liturgici frignanesi  (raccolte e trascritte sulla fine del 1400 da Giacomo Albinelli); la  cronaca lucchese di Giovanni Sercambi (scritta intorno all'anno 1400) e  quella ferrarese di lacopo Delaito (1409 circa); il carteggio di Paolo  Guinigi, signo­re di Lucca (1400-1430) e i dispacci del suo funzionario  Nicolao degli Onesti (1400-1408); le cronache fiorentine di lacopo  Salviati e di Matteo Palmieri (prima metà del 1400); e altri documenti  con­servati negli archivi di stato in Firenze, Modena e Lucca.
Sono  stati poi esaminati gli scritti storici editi nel secolo XVI di Gaspare  Sardi, Francesco Panini, G. B. Pigna e Scipione Ammirato per valutare la  concordanza o ladifformità rispetto ai testi anteriori. Quanto alle  fonti secentesche, a parte l'opera del Vedriani che raduna informazioni  di autori precedenti, si sono prese in considerazione, con la dovuta  cautela, le notizie originali fornite dalla cronaca in volgare di  Alessio Magnani (1664) e da quella latina cosiddetta Albinelli,  continuata dall'anno 1347 al 1409 dallo stesso Magnani. Questi, infatti,  essendo vissuto nella cerchia della nobile famiglia da Montecuccolo,  potè avvalersi oltre che della tradizione locale anche di documenti  d'archivio oggi perduti.

Infine sono  state prese in considerazione le opere e le memorie storiche  sull'argomento pubblicate nel secolo XVIII e nell'età contemporanea di  Ludovico Antonio Muratori, Girolamo Tiraboschi, Cesare Campori,  Venceslao Santi, Angelo Mercati, Giuseppe Calamari, Giovanni Santini,  Bruno Andreolli, Antonio Galli: in particolare alcuni saggi appaiono di  interesse e di rilievo in quanto sono improntati a metodologia  storiografica critica.
Occorre inoltre precisare che dall'esame  comparativo dei testi si sono anche evidenziate discordanze,  inesattezze, incongruenze cronologiche e deduzioni equivoche, che hanno  generato malintesi ed errori talvolta recepiti a distanza di tempo e  consolidatisi nella comune  opinione. Si propone al navigatore il susseguirsi degli eventi storici e  delle situazioni che dovettero affrontare le popolazioni del Frignano, e  in particolare del Pelago, nella seconda metà del XIV secolo e fino al  1425. Sono anni difficili che vedono Obizzo da Montegarullo all'apogeo  della sua potenza: egli conosce momenti di gloria e di fortuna presto  offuscati, però, da sconfitte militari che travolgono il feudatario  ribelle e lo costringono all'umiliante atto finale di sottomissione di  fronte al marchese di Ferrara.
La seconda è costituita da brevi schede  monografiche ricavate sempre da documenti coevi e ritenute utili per chi  desidera ampliare le conoscenze su argomenti specifici collaterali alle  vicende narrate. Sarebbe stato limitativo soffermarsi sulle fonti  documentarie solo per trarre elementi e dati relativi agli eventi  militari, alle mutevoli alleanze o alle concitate successioni dinastiche  del tempo; per questo, dove i documenti consultati lo permettevano,  oltre ai pro­blemi di Obizzo, si è cercato di interpretare i problemi  quotidiani e le condizioni di vita della gente; oltre all'avanzata delle  brigate lucchesi, si è rivolta l'attenzione a chi temeva, impotente, la  rovina della propria terra murata o la distruzione dei raccolti. Tra i  decreti marchionali sono parsi molto significativi quelli diretti ad  alleviare stati di indigenza di intere comunità provate dalle ripetute  campa­gne militari e da ogni altra calamità incombente. Dopo tutto,  molti hanno parlato di Obizzo e dei Montegarullo; ben pochi, al  contrario, hanno dedicato spazio ai problemi, ai desideri, allo studio  della mentalità degli uomini comuni di quel tempo nonostante anche  questi ultimi abbiano dato il loro contributo alla storia.


ESORDIO DI OBIZZO SULLA SCENA DELLA STORIA

bizzo da Montegarullo deve aver appreso  assai presto l'arte militare al pari degli altri rampolli della classe  aristocratica di quel tempo, i cui membri erano appunto qualificati  milites, e in tale arte deve essersi distinto per eccellenza, se nel  1373, all'eta di circa 35 anni e creato condottiero delle truppe  fiorentine in una delicata campagna di guerra. II comune di Firenze,  seriamente preoccupato per l'espansione dello Stato Pontificio, si era  trovato nella necessita di eliminare la potente consorteria degli  Ubaldini, signori del Mugello e del tratto transappenninico da  Firenzuola a Marradi, i quali, oltre ad essere svincolati dalla  repubblica gigliata, con quattordici castelli controllavano i passi e le  strade per la Romagna e si faceano amici e provvisionati delli Legati  di Bologna. Sia pure validamente coadiuvato dall'azione diplomatica dei  Priori delle Arti, detti anche Signori, di Firenze, Obizzo riesce in  breve tempo a privare gli Ubaldini di tutte le loro fortezze e a  sottomettere l'intera plaga da questi flno ad allora posseduta e  nell'ottobre con memorabile trionfo rientra vittorioso in citta dove è  ricevuto con molti honori et largamente premiato.

Ma non e  soltanto un uomo d'armi. Designate alia successione nei feudi di  famiglia e, come appare evidente, associate al padre nelle incombenze di  governo onde addestrarsi nell'esercizio del potere, Obizzo nell'anno  seguente si rende protagonista di un'iniziativa giudiziaria  di notevole rilevanza per le prerogative giurisdizionali della sua  casata e ancor piu per l'economia silvopastorale delle comunita del  Pelago. Egli infatti promuove una causa civile contro il comune di  Barga, suddito di Firenze, per rivendicare a se e ai comuni di Rocca e  Pieve del Pelago il possesso del territorio situato a nord del crinale  appenninico che quello tuttora detiene.

Per gettare un po' di  luce su tale vicenda e opportune riferire alcuni particolari, sia pure  appresi unicamente dalla documentazione di parte fiorentina. Nei primi  giorni dell'estate 1374, Obizzo si rivolge agli ufficiali di Barga  reclamando la restituzione del suddetto territorio. Probabilmente il  passo e stato sollecitato dalle comunita a lui soggette che vogliono  sfruttare le ingenti risorse dei boschi e dei pascoli di quella zona.  Per accrescere l'efficacia della sua pretesa, il nobile frignanese  mostra o finge di agire in virtù di un potere delegatogli dall'alto  asserendo di aver diritto al possesso di quelle terre "pro se ipso et  vice et nomine ... Marchionis de Ferraria". E ancor piu si puo  congetturare che abbia agito confidando nella benevolenza e gratitudine  della repubblica fiorentina, memore del prezioso servigio di recente  prestatole in guerra.

Ma il realismo politico induce Firenze, a  cui Barga ha subito chiesto aiuto e protezione, a non transigere su di  un "affare di stato" di grande valore strategico prima che economico. I  Signori scrivono a Obizzo in tono risoluto "che dalla decta molestia si  debba astenere et in quella selva non impacciarsi; ma se pure ragione vi  pretendesse avere, mandi qua esse ragioni e noi le faremo vedere ...".  II 3 luglio inviano poi una lettera al loro podesta in Barga, il nobile  fiorentino Lapo di Fornaino de' Rossi, per informarlo su quanto hanno  scritto a Obizzo e per ordinargli di sostenere con ogni mezzo le ragioni  dei Barghigiani, facendo anche ricercare presso i notai le scritture  utili allo scopo. In un post scriptum aggiungono che e appcna arrivato  un messo del signore da Montegarullo: poiche questi vuole produrre le  sue ragioni e le prove testimoniali davanti allo stesso podesta di  Barga, gli commettono ufficialmente l'incarico di vagliarle, sempre con  l'obbligo di riferire su tutti gli atti della causa.

In  esecuzione del mandato della Signoria, il 5 luglio Lapo si inscdia nella  funzione di giudice, invita le parti a presentare le rispettive ragioni  e ad allegare le prove di cui sono in possesso. Intanto egli notifica a  Obizzo i messaggi ricevuti da Firenze, aggiungcndo confidenzialmente:  "Queste cose ti mando cosi distesamente acciò che ti possa bene avisare  sopra ogni parte, si che per te si faccia quello che sia piacere de Dio e  della ragione (= giustizia) et contentamento de miei Signori". Forse il  Nostro preferisce trattare a voce la delicata questione e sondare  previamente le reali intenzioni della potente repubblica fiorentina. La  risposta e infatti una lettera credenziale del giorno 9, da Roccapelago:  "Vénene a vu Pellegrino e Pedro portadori della presente lectera, me  entime amixi etiam (che inoltre sono miei amici intimi); per zò possi  dare fe (per ciò potete dare fiducia) a loro come alia mia propria  persona. Obizo da Monte garullo".

Purtroppo si ignora lo  svolgimento del colloquio del 10 luglio, coperto da riservatezza  diplomatica. Lo scarno resoconto ufficiale informa che il podesta  ribadisce l'invito a presentargli argomentazioni e prove che egli  accogliera ed esaminera conforme alia coniunicazione ricevuta. E'  credibile tuttavia che Obizzo, deluso e risentito per ratteggiamento di  Firenze, si sia reso conto dell'inutilita dei suoi sforzi sul terreno  giudiziario e abbia rinunciato alla lotta. Non si spiegherebbe in altro  modo quello che e riportato nei documenti processuali: " ... nee  probavit Opizus predicta ... nee probare potuit ..."; e anche "ma non si  vede che per la parte del signor Obizzo fusse prodotto o fatto cosa  alcuna". Di contro, pur dichiarando di non assumere a proprio carico  l'onere della prova, la parte avversaria per meglio affermare i diritti  di Barga sulla cosiddetta Selva Romanesca "tarn in proprietatc quam in  possessione" fa inserire negli atti alcuni privilegi imperiali e papali  (di Federico II e di Gregorio X, a quanto si rileva), contratti di  affitto di pascoli e boschi stipulati negli anni 1270, 1286, 1288, 1291 e  1306 (26), e deposizioni giurate di ben diciannove testimoni  garfagnini.


APERTA RIBELLIONE E GUERRA NEL FRIGNANO (1393)

I  breve conflitto estivo-autunnale del 1393 e stato narrate  succintamente, e non sempre con la dovuta esattezza, da varie fonti  emiliane, e assai diffusamente da una sola toscana, la cronaca di  Giovanni Sercambi. Nessuna di queste, pero, enuncia palesemente le vere  ragioni che avrebbero indotto la Signoria ferrarese, con i suoi vassalli  ghibellini, e la repubblica di Lucca a mettere in piedi repentinamente  una bizzarra alleanza per giungere, quasi in concorrenza, a  neutralizzare il signore da Montegarullo, il quale da ben lungo tempo si  portava da indocile, come del resto facevano tanti altri nobili delle  remote plaghe appennino-apuane.

II Sercambi, forse per far  apparire plausibile l'intervento lucchese, scrive che nel novembre 1392  Obizzo si ribella al marchese di Ferrara,  e comincia a sottrargli parecchie terre; in seguito a ciò alcune  comunita frignanesi si sentono minacciate e ricorrono a Lucca, che invia  dei soldati a loro difesa; da ultimo, anche il Consiglio del marchese  chiede a questa citta un intervento militare a fianco delle truppe  estensi, dopo essersi garantita la neutralita di Firenze, potente  protettrice del Frignanese ribelle. Ora sono due secoli che il  Tiraboschi ha avanzato riserve sul novembre 1392 quale momento del casus  belli; tale data comunque non si accorda con la riconciliazione di cui  tratta il decreto marchionale del 5 aprile 1393, e neppure - dato  l'eccessivo tempo trascorso da quel torto - con la risoluzione che si  vedra essere presa nell'agosto 1393 dal Consiglio del marchese.

C'è  da credere piuttosto che nell'autunno del 1392 si sia verificata quella  richiesta formale di aiuto indirizzata a Lucca su cui la citata cronaca  si diffonde. Si e visto come appena quattro mesi innanzi i comuni di  Fanano, Fiumalbo e Riolunato rivolgessero all'Estense una lista di  richieste accorate, e forse ultimative nei sottintesi, ricavandone  risposte deludenti. E' anche indubbio che quelle popolazioni sentissero  la loro dipendenza dalla lontana Corte ferrarese come un fatto poco piu  che formale. Erano inoltre a loro ben note le mire espansionistiche di  Obizzo, contrastate dalla Casa d'Este troppo debolmente, e l'insanabile  inimicizia nata e cresciuta fra l'orgoglioso feudatario e il potente  comune toscano.

A tale proposito non lasciano dubbi le parole del  Sercambi quando afferma che "... Opizo sempre fu nimicho di Luccha et  ... molti danni avea gia facti al Comune di Luccha", e poi allude ai  "molti diservigi" e alle "ingiurie ricevute", di cui bisogna vendicarsi.  Fra questi danni e ingiurie egli specifica solamente, in un ulteriore  brano riferentesi al 1398, l'aiuto prestato ai Fiorentini dall'avo Nerio  da Montegarullo nel sottrarre ai Lucchesi i territori garfagnini di  Barga e Sommocolonia. Ma, trat-tandosi di vecchi rancori, deve esserci  stato dell'altro. Sembra che Obizzo contasse tra i suoi seguaci e  compagni di scorrerie un buon numero di fuorusciti lucchesi, cittadini o  piu facilmente abitanti del contado, messi al bando dal governo della  repubblica. Che Obizzo si ergesse, in funzione anti-lucchese, come  alleato e protettore dei notabili garfagnini "indipendentisti" e provato  dalle vicende belliche del 1396, come si esporra in seguito. Lo storico  Pigna riferisce inoltre che i Lucchesi "si teneano ingiuriati da Obizo,  che havea presa certa somma di danari col vendere loro alcune castella:  et poi furtivamente se n'era impatronito".

I tre comuni  suddetti, forse dietro suggerimento di intermediari toscani, mandano a  Lucca un ambasciatore, certo ser Francesco da Fiumalbo, il quale "oltra  le molte cose che disse in nella sua imbasciata" illustra in tre punti  le proposte di cui e latore: a) passaggio sotto la protezione e la  sovranita della repubblica di Lucca qualora il marchese perda il  controllo del Frignano; b) agcvolazioni in materia di scambi commerciali  e di transumanza; c) invio nel Frignano di cento fanti per guardia e  difesa contro eventuali aggressioni nemiche. II governo di Lucca si  mostra ben disposto e prontamente spedisce "al servigio di tali terre"  la brigata richiesta, sotto il comando del valente capitano Agostino  Avogadri.

Si  arriva cosi, in un'atmosfera carica di incognite interne e  inte-nazionali, al mese di luglio 1393, con la grave malattia del  marchese Alberto e l'imminente crisi dinastica estense: si riaccendono  le pretese alia signoria da parte di un ramo collaterale d'Este, nella  persona di Azzo, figlio di Francesco; le potenze vicine (Padova, Milano e  la stessa Venezia) scorgono un'occasione propizia per espandersi a  spese dello Stato ferrarese, o almeno per fame un proprio satellite;  Lucca tiene da mesi un'avanguardia militare nel Frignano; i cattani  modenesi e reggiani tramano per recuperare la pienezza dei poteri.

Anche  Obizzo da Montegarullo e convinto che il fanciullo Nicolo sara travolto  dalla sfavorevole congiuntura e che la stessa Signoria estense andra  incontro a dissoluzione, e tosto si decide ad occupare il cosiddetto  Frignano immediato prima che lo facciano i Toscani o altri. E' dunque  dopo il fatidico 30 luglio che si deve collocare la sua insurrezione, la  quale forse piu che diretta contro il suo superiore puo essere intesa  come finalizzata a prevenire le mosse degli antagonisti.

A questo  punto il Consiglio del marchese, benche sommerso da innumerevoli  difficolta, deve confrontarsi col problema appenninico, che non e piu  dilazionabile. Senza dubbio ha sentore dei preparativi militari contro  Obizzo che sono in corso a Lucca e, non volendo lasciare mano libera a  questa nella montagna modenese, ma del pari preferendo incontrarla cola  come alleata piuttosto che come nemica, delibera di chiederle  ufficialmente un intervento armato e, per salvare in qualche modo il  prestigio di Ferrara, di inviare lassu le proprie milizie da affiancare a  quelle dei feudatari di parte ghibellina. A capo del piccolo  contingente che marcia sotto le insegne d'Este viene messo il capitano  di ventura bolognese Ravaresio (o Ravagese) da Savigno.

A  proposito di questa guerra le fonti di parte estense sono avare di  particolari, limitandosi a sottolineare la pesante sconfitta subita dal  ribelle dopo vari assedi e combattimenti; inoltre esse tendono a tenere  in ombra il peso preponderante dell'apporto lucchese, cosi in termini di  forze in campo come pure di risultati conseguiti. E' necessario  pertanto seguire con attenzione quella preziosa raccolta di notizie che  sono le pagine di Giovanni Sercambi, uno dei quattro comandanti  lucchesi.

II  breve conflitto estivo-autunnale del 1393 e stato narrate  succintamente, e non sempre con la dovuta esattezza, da varie fonti  emiliane, e assai diffusamente da una sola toscana, la cronaca di  Giovanni Sercambi. Nessuna di queste, pero, enuncia palesemente le vere  ragioni che avrebbero indotto la Signoria ferrarese, con i suoi vassalli  ghibellini, e la repubblica di Lucca a mettere in piedi repentinamente  una bizzarra alleanza per giungere, quasi in concorrenza, a  neutralizzare il signore da Montegarullo, il quale da ben lungo tempo si  portava da indocile, come del resto facevano tanti altri nobili delle  remote plaghe appennino-apuane.

II Sercambi, forse per far  apparire plausibile l'intervento lucchese, scrive che nel novembre 1392  Obizzo si ribella al marchese di Ferrara,  e comincia a sottrargli parecchie terre; in seguito a ciò alcune  comunita frignanesi si sentono minacciate e ricorrono a Lucca, che invia  dei soldati a loro difesa; da ultimo, anche il Consiglio del marchese  chiede a questa citta un intervento militare a fianco delle truppe  estensi, dopo essersi garantita la neutralita di Firenze, potente  protettrice del Frignanese ribelle. Ora sono due secoli che il  Tiraboschi ha avanzato riserve sul novembre 1392 quale momento del casus  belli; tale data comunque non si accorda con la riconciliazione di cui  tratta il decreto marchionale del 5 aprile 1393, e neppure - dato  l'eccessivo tempo trascorso da quel torto - con la risoluzione che si  vedra essere presa nell'agosto 1393 dal Consiglio del marchese.

C'è  da credere piuttosto che nell'autunno del 1392 si sia verificata quella  richiesta formale di aiuto indirizzata a Lucca su cui la citata cronaca  si diffonde. Si e visto come appena quattro mesi innanzi i comuni di  Fanano, Fiumalbo e Riolunato rivolgessero all'Estense una lista di  richieste accorate, e forse ultimative nei sottintesi, ricavandone  risposte deludenti. E' anche indubbio che quelle popolazioni sentissero  la loro dipendenza dalla lontana Corte ferrarese come un fatto poco piu  che formale. Erano inoltre a loro ben note le mire espansionistiche di  Obizzo, contrastate dalla Casa d'Este troppo debolmente, e l'insanabile  inimicizia nata e cresciuta fra l'orgoglioso feudatario e il potente  comune toscano.

A tale proposito non lasciano dubbi le parole del  Sercambi quando afferma che "... Opizo sempre fu nimicho di Luccha et  ... molti danni avea gia facti al Comune di Luccha", e poi allude ai  "molti diservigi" e alle "ingiurie ricevute", di cui bisogna vendicarsi.  Fra questi danni e ingiurie egli specifica solamente, in un ulteriore  brano riferentesi al 1398, l'aiuto prestato ai Fiorentini dall'avo Nerio  da Montegarullo nel sottrarre ai Lucchesi i territori garfagnini di  Barga e Sommocolonia. Ma, trat-tandosi di vecchi rancori, deve esserci  stato dell'altro. Sembra che Obizzo contasse tra i suoi seguaci e  compagni di scorrerie un buon numero di fuorusciti lucchesi, cittadini o  piu facilmente abitanti del contado, messi al bando dal governo della  repubblica. Che Obizzo si ergesse, in funzione anti-lucchese, come  alleato e protettore dei notabili garfagnini "indipendentisti" e provato  dalle vicende belliche del 1396, come si esporra in seguito. Lo storico  Pigna riferisce inoltre che i Lucchesi "si teneano ingiuriati da Obizo,  che havea presa certa somma di danari col vendere loro alcune castella:  et poi furtivamente se n'era impatronito".

I tre comuni  suddetti, forse dietro suggerimento di intermediari toscani, mandano a  Lucca un ambasciatore, certo ser Francesco da Fiumalbo, il quale "oltra  le molte cose che disse in nella sua imbasciata" illustra in tre punti  le proposte di cui e latore: a) passaggio sotto la protezione e la  sovranita della repubblica di Lucca qualora il marchese perda il  controllo del Frignano; b) agcvolazioni in materia di scambi commerciali  e di transumanza; c) invio nel Frignano di cento fanti per guardia e  difesa contro eventuali aggressioni nemiche. II governo di Lucca si  mostra ben disposto e prontamente spedisce "al servigio di tali terre"  la brigata richiesta, sotto il comando del valente capitano Agostino  Avogadri.

Si  arriva cosi, in un'atmosfera carica di incognite interne e  inte-nazionali, al mese di luglio 1393, con la grave malattia del  marchese Alberto e l'imminente crisi dinastica estense: si riaccendono  le pretese alia signoria da parte di un ramo collaterale d'Este, nella  persona di Azzo, figlio di Francesco; le potenze vicine (Padova, Milano e  la stessa Venezia) scorgono un'occasione propizia per espandersi a  spese dello Stato ferrarese, o almeno per fame un proprio satellite;  Lucca tiene da mesi un'avanguardia militare nel Frignano; i cattani  modenesi e reggiani tramano per recuperare la pienezza dei poteri.

Anche  Obizzo da Montegarullo e convinto che il fanciullo Nicolo sara travolto  dalla sfavorevole congiuntura e che la stessa Signoria estense andra  incontro a dissoluzione, e tosto si decide ad occupare il cosiddetto  Frignano immediato prima che lo facciano i Toscani o altri. E' dunque  dopo il fatidico 30 luglio che si deve collocare la sua insurrezione, la  quale forse piu che diretta contro il suo superiore puo essere intesa  come finalizzata a prevenire le mosse degli antagonisti.

A questo  punto il Consiglio del marchese, benche sommerso da innumerevoli  difficolta, deve confrontarsi col problema appenninico, che non e piu  dilazionabile. Senza dubbio ha sentore dei preparativi militari contro  Obizzo che sono in corso a Lucca e, non volendo lasciare mano libera a  questa nella montagna modenese, ma del pari preferendo incontrarla cola  come alleata piuttosto che come nemica, delibera di chiederle  ufficialmente un intervento armato e, per salvare in qualche modo il  prestigio di Ferrara, di inviare lassu le proprie milizie da affiancare a  quelle dei feudatari di parte ghibellina. A capo del piccolo  contingente che marcia sotto le insegne d'Este viene messo il capitano  di ventura bolognese Ravaresio (o Ravagese) da Savigno.

A  proposito di questa guerra le fonti di parte estense sono avare di  particolari, limitandosi a sottolineare la pesante sconfitta subita dal  ribelle dopo vari assedi e combattimenti; inoltre esse tendono a tenere  in ombra il peso preponderante dell'apporto lucchese, cosi in termini di  forze in campo come pure di risultati conseguiti. E' necessario  pertanto seguire con attenzione quella preziosa raccolta di notizie che  sono le pagine di Giovanni Sercambi, uno dei quattro comandanti  lucchesi.

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