EVENTI STORICI
nelle terre del Frignano
nelle terre del Frignano
Le vicende belliche e politiche del cinquantennio della signoria da Montegarullo
Il Frignano a cavallo tra il 1300 e il 1400
I periodo storico che va dalla metà del 1300 ai primi lustri del secolo seguente rappresenta per il Frignano la delicata fase che segna il passaggio da un sistema politico-amministrativo fondato sul potere dei piccoli signori locali al dominio sempre più pressante e capillare di uno Stato regionale. Fino ad allora le azioni intraprese dai comuni di Modena e Bologna per assoggettare l'Appennino modenese non avevano intaccato nella sostanza, al di là di un riconoscimento formale e incostante, l'autonomia giurisdizionale dei vari cattani, che avevano saputo destreggiarsi abilmente sfruttando il persistente contrasto fra le due città rivali. Ma il gioco politico si fa più complesso e arduo quando gli Estensi, recuperati i territori montani nel 1337, ne intuiscono sempre più l'importanza strategica in vista di una futura espansione nella instabile valle del Serchio e, per converso, i governi di Lucca e di Firenze (quest'ultimo già insediatosi nel 1332 a Barga, nel cuore della Garfagnana lucchese) guardano entrambi all'area frignanese del Pelago come alla indispensabile testa di ponte per controllare le vie di accesso alla Lombardia. In tale contesto la Rocca del Pelago, sia per la sua ideale posizione geografica sia per la sua forte struttura difensiva, costituisce la posta in gioco più ambita nell'intricato processo diplomatico-militare in cui viene a trovarsi coinvolta l'alta montagna modenese.
Le vicende belliche e politiche del cinquantennio che vede il declino della signoria dei nobili da Montegarullo e, dopo il latente e ambiguo contrasto con le due città toscane, il coronamento del paziente e accorto disegno della Casa d'Este, sono state descritte più o meno compiutamente da vari storici, i quali, però, hanno dato rilievo alla narrazione dei fatti più che alla indagine sui moventi e i retroscena, nonché sulle ragioni della parte soccombente. Pertanto si è ritenuto non inopportuno il tentativo di delineare un excursus analitico di quel cruciale periodo storico del Frignano, estendendo l'indagine agli antefatti e ai postumi, aggiungendo elementi nuovi o finora poco noti, e mettendo a confronto criticamente i resoconti non disinteressati delle varie parti in causa. Tra le fonti compulsate (atti pubblici e privati, cronache, rassegne storiche di parte estense, lucchese e fiorentina), si è anzitutto dato il maggior credito a quelle contemporanee o cronologicamente assai prossime agli eventi di cui esse trattano: i documenti coevi della Cancelleria Estense (lettere e decreti marchionali); le antiche annotazioni su codici liturgici frignanesi (raccolte e trascritte sulla fine del 1400 da Giacomo Albinelli); la cronaca lucchese di Giovanni Sercambi (scritta intorno all'anno 1400) e quella ferrarese di lacopo Delaito (1409 circa); il carteggio di Paolo Guinigi, signore di Lucca (1400-1430) e i dispacci del suo funzionario Nicolao degli Onesti (1400-1408); le cronache fiorentine di lacopo Salviati e di Matteo Palmieri (prima metà del 1400); e altri documenti conservati negli archivi di stato in Firenze, Modena e Lucca.
Sono stati poi esaminati gli scritti storici editi nel secolo XVI di Gaspare Sardi, Francesco Panini, G. B. Pigna e Scipione Ammirato per valutare la concordanza o ladifformità rispetto ai testi anteriori. Quanto alle fonti secentesche, a parte l'opera del Vedriani che raduna informazioni di autori precedenti, si sono prese in considerazione, con la dovuta cautela, le notizie originali fornite dalla cronaca in volgare di Alessio Magnani (1664) e da quella latina cosiddetta Albinelli, continuata dall'anno 1347 al 1409 dallo stesso Magnani. Questi, infatti, essendo vissuto nella cerchia della nobile famiglia da Montecuccolo, potè avvalersi oltre che della tradizione locale anche di documenti d'archivio oggi perduti.
Infine sono state prese in considerazione le opere e le memorie storiche sull'argomento pubblicate nel secolo XVIII e nell'età contemporanea di Ludovico Antonio Muratori, Girolamo Tiraboschi, Cesare Campori, Venceslao Santi, Angelo Mercati, Giuseppe Calamari, Giovanni Santini, Bruno Andreolli, Antonio Galli: in particolare alcuni saggi appaiono di interesse e di rilievo in quanto sono improntati a metodologia storiografica critica.
Occorre inoltre precisare che dall'esame comparativo dei testi si sono anche evidenziate discordanze, inesattezze, incongruenze cronologiche e deduzioni equivoche, che hanno generato malintesi ed errori talvolta recepiti a distanza di tempo e consolidatisi nella comune opinione. Si propone al navigatore il susseguirsi degli eventi storici e delle situazioni che dovettero affrontare le popolazioni del Frignano, e in particolare del Pelago, nella seconda metà del XIV secolo e fino al 1425. Sono anni difficili che vedono Obizzo da Montegarullo all'apogeo della sua potenza: egli conosce momenti di gloria e di fortuna presto offuscati, però, da sconfitte militari che travolgono il feudatario ribelle e lo costringono all'umiliante atto finale di sottomissione di fronte al marchese di Ferrara. La seconda è costituita da brevi schede monografiche ricavate sempre da documenti coevi e ritenute utili per chi desidera ampliare le conoscenze su argomenti specifici collaterali alle vicende narrate. Sarebbe stato limitativo soffermarsi sulle fonti documentarie solo per trarre elementi e dati relativi agli eventi militari, alle mutevoli alleanze o alle concitate successioni dinastiche del tempo; per questo, dove i documenti consultati lo permettevano, oltre ai problemi di Obizzo, si è cercato di interpretare i problemi quotidiani e le condizioni di vita della gente; oltre all'avanzata delle brigate lucchesi, si è rivolta l'attenzione a chi temeva, impotente, la rovina della propria terra murata o la distruzione dei raccolti. Tra i decreti marchionali sono parsi molto significativi quelli diretti ad alleviare stati di indigenza di intere comunità provate dalle ripetute campagne militari e da ogni altra calamità incombente. Dopo tutto, molti hanno parlato di Obizzo e dei Montegarullo; ben pochi, al contrario, hanno dedicato spazio ai problemi, ai desideri, allo studio della mentalità degli uomini comuni di quel tempo nonostante anche questi ultimi abbiano dato il loro contributo alla storia.
Occorre inoltre precisare che dall'esame comparativo dei testi si sono anche evidenziate discordanze, inesattezze, incongruenze cronologiche e deduzioni equivoche, che hanno generato malintesi ed errori talvolta recepiti a distanza di tempo e consolidatisi nella comune opinione. Si propone al navigatore il susseguirsi degli eventi storici e delle situazioni che dovettero affrontare le popolazioni del Frignano, e in particolare del Pelago, nella seconda metà del XIV secolo e fino al 1425. Sono anni difficili che vedono Obizzo da Montegarullo all'apogeo della sua potenza: egli conosce momenti di gloria e di fortuna presto offuscati, però, da sconfitte militari che travolgono il feudatario ribelle e lo costringono all'umiliante atto finale di sottomissione di fronte al marchese di Ferrara. La seconda è costituita da brevi schede monografiche ricavate sempre da documenti coevi e ritenute utili per chi desidera ampliare le conoscenze su argomenti specifici collaterali alle vicende narrate. Sarebbe stato limitativo soffermarsi sulle fonti documentarie solo per trarre elementi e dati relativi agli eventi militari, alle mutevoli alleanze o alle concitate successioni dinastiche del tempo; per questo, dove i documenti consultati lo permettevano, oltre ai problemi di Obizzo, si è cercato di interpretare i problemi quotidiani e le condizioni di vita della gente; oltre all'avanzata delle brigate lucchesi, si è rivolta l'attenzione a chi temeva, impotente, la rovina della propria terra murata o la distruzione dei raccolti. Tra i decreti marchionali sono parsi molto significativi quelli diretti ad alleviare stati di indigenza di intere comunità provate dalle ripetute campagne militari e da ogni altra calamità incombente. Dopo tutto, molti hanno parlato di Obizzo e dei Montegarullo; ben pochi, al contrario, hanno dedicato spazio ai problemi, ai desideri, allo studio della mentalità degli uomini comuni di quel tempo nonostante anche questi ultimi abbiano dato il loro contributo alla storia.
ESORDIO DI OBIZZO SULLA SCENA DELLA STORIA
bizzo da Montegarullo deve aver appreso assai presto l'arte militare al pari degli altri rampolli della classe aristocratica di quel tempo, i cui membri erano appunto qualificati milites, e in tale arte deve essersi distinto per eccellenza, se nel 1373, all'eta di circa 35 anni e creato condottiero delle truppe fiorentine in una delicata campagna di guerra. II comune di Firenze, seriamente preoccupato per l'espansione dello Stato Pontificio, si era trovato nella necessita di eliminare la potente consorteria degli Ubaldini, signori del Mugello e del tratto transappenninico da Firenzuola a Marradi, i quali, oltre ad essere svincolati dalla repubblica gigliata, con quattordici castelli controllavano i passi e le strade per la Romagna e si faceano amici e provvisionati delli Legati di Bologna. Sia pure validamente coadiuvato dall'azione diplomatica dei Priori delle Arti, detti anche Signori, di Firenze, Obizzo riesce in breve tempo a privare gli Ubaldini di tutte le loro fortezze e a sottomettere l'intera plaga da questi flno ad allora posseduta e nell'ottobre con memorabile trionfo rientra vittorioso in citta dove è ricevuto con molti honori et largamente premiato.
Ma non e soltanto un uomo d'armi. Designate alia successione nei feudi di famiglia e, come appare evidente, associate al padre nelle incombenze di governo onde addestrarsi nell'esercizio del potere, Obizzo nell'anno seguente si rende protagonista di un'iniziativa giudiziaria di notevole rilevanza per le prerogative giurisdizionali della sua casata e ancor piu per l'economia silvopastorale delle comunita del Pelago. Egli infatti promuove una causa civile contro il comune di Barga, suddito di Firenze, per rivendicare a se e ai comuni di Rocca e Pieve del Pelago il possesso del territorio situato a nord del crinale appenninico che quello tuttora detiene.
Ma non e soltanto un uomo d'armi. Designate alia successione nei feudi di famiglia e, come appare evidente, associate al padre nelle incombenze di governo onde addestrarsi nell'esercizio del potere, Obizzo nell'anno seguente si rende protagonista di un'iniziativa giudiziaria di notevole rilevanza per le prerogative giurisdizionali della sua casata e ancor piu per l'economia silvopastorale delle comunita del Pelago. Egli infatti promuove una causa civile contro il comune di Barga, suddito di Firenze, per rivendicare a se e ai comuni di Rocca e Pieve del Pelago il possesso del territorio situato a nord del crinale appenninico che quello tuttora detiene.
Per gettare un po' di luce su tale vicenda e opportune riferire alcuni particolari, sia pure appresi unicamente dalla documentazione di parte fiorentina. Nei primi giorni dell'estate 1374, Obizzo si rivolge agli ufficiali di Barga reclamando la restituzione del suddetto territorio. Probabilmente il passo e stato sollecitato dalle comunita a lui soggette che vogliono sfruttare le ingenti risorse dei boschi e dei pascoli di quella zona. Per accrescere l'efficacia della sua pretesa, il nobile frignanese mostra o finge di agire in virtù di un potere delegatogli dall'alto asserendo di aver diritto al possesso di quelle terre "pro se ipso et vice et nomine ... Marchionis de Ferraria". E ancor piu si puo congetturare che abbia agito confidando nella benevolenza e gratitudine della repubblica fiorentina, memore del prezioso servigio di recente prestatole in guerra.
Ma il realismo politico induce Firenze, a cui Barga ha subito chiesto aiuto e protezione, a non transigere su di un "affare di stato" di grande valore strategico prima che economico. I Signori scrivono a Obizzo in tono risoluto "che dalla decta molestia si debba astenere et in quella selva non impacciarsi; ma se pure ragione vi pretendesse avere, mandi qua esse ragioni e noi le faremo vedere ...". II 3 luglio inviano poi una lettera al loro podesta in Barga, il nobile fiorentino Lapo di Fornaino de' Rossi, per informarlo su quanto hanno scritto a Obizzo e per ordinargli di sostenere con ogni mezzo le ragioni dei Barghigiani, facendo anche ricercare presso i notai le scritture utili allo scopo. In un post scriptum aggiungono che e appcna arrivato un messo del signore da Montegarullo: poiche questi vuole produrre le sue ragioni e le prove testimoniali davanti allo stesso podesta di Barga, gli commettono ufficialmente l'incarico di vagliarle, sempre con l'obbligo di riferire su tutti gli atti della causa.
In esecuzione del mandato della Signoria, il 5 luglio Lapo si inscdia nella funzione di giudice, invita le parti a presentare le rispettive ragioni e ad allegare le prove di cui sono in possesso. Intanto egli notifica a Obizzo i messaggi ricevuti da Firenze, aggiungcndo confidenzialmente: "Queste cose ti mando cosi distesamente acciò che ti possa bene avisare sopra ogni parte, si che per te si faccia quello che sia piacere de Dio e della ragione (= giustizia) et contentamento de miei Signori". Forse il Nostro preferisce trattare a voce la delicata questione e sondare previamente le reali intenzioni della potente repubblica fiorentina. La risposta e infatti una lettera credenziale del giorno 9, da Roccapelago: "Vénene a vu Pellegrino e Pedro portadori della presente lectera, me entime amixi etiam (che inoltre sono miei amici intimi); per zò possi dare fe (per ciò potete dare fiducia) a loro come alia mia propria persona. Obizo da Monte garullo".
Purtroppo si ignora lo svolgimento del colloquio del 10 luglio, coperto da riservatezza diplomatica. Lo scarno resoconto ufficiale informa che il podesta ribadisce l'invito a presentargli argomentazioni e prove che egli accogliera ed esaminera conforme alia coniunicazione ricevuta. E' credibile tuttavia che Obizzo, deluso e risentito per ratteggiamento di Firenze, si sia reso conto dell'inutilita dei suoi sforzi sul terreno giudiziario e abbia rinunciato alla lotta. Non si spiegherebbe in altro modo quello che e riportato nei documenti processuali: " ... nee probavit Opizus predicta ... nee probare potuit ..."; e anche "ma non si vede che per la parte del signor Obizzo fusse prodotto o fatto cosa alcuna". Di contro, pur dichiarando di non assumere a proprio carico l'onere della prova, la parte avversaria per meglio affermare i diritti di Barga sulla cosiddetta Selva Romanesca "tarn in proprietatc quam in possessione" fa inserire negli atti alcuni privilegi imperiali e papali (di Federico II e di Gregorio X, a quanto si rileva), contratti di affitto di pascoli e boschi stipulati negli anni 1270, 1286, 1288, 1291 e 1306 (26), e deposizioni giurate di ben diciannove testimoni garfagnini.
APERTA RIBELLIONE E GUERRA NEL FRIGNANO (1393)
I breve conflitto estivo-autunnale del 1393 e stato narrate succintamente, e non sempre con la dovuta esattezza, da varie fonti emiliane, e assai diffusamente da una sola toscana, la cronaca di Giovanni Sercambi. Nessuna di queste, pero, enuncia palesemente le vere ragioni che avrebbero indotto la Signoria ferrarese, con i suoi vassalli ghibellini, e la repubblica di Lucca a mettere in piedi repentinamente una bizzarra alleanza per giungere, quasi in concorrenza, a neutralizzare il signore da Montegarullo, il quale da ben lungo tempo si portava da indocile, come del resto facevano tanti altri nobili delle remote plaghe appennino-apuane.
II Sercambi, forse per far apparire plausibile l'intervento lucchese, scrive che nel novembre 1392 Obizzo si ribella al marchese di Ferrara, e comincia a sottrargli parecchie terre; in seguito a ciò alcune comunita frignanesi si sentono minacciate e ricorrono a Lucca, che invia dei soldati a loro difesa; da ultimo, anche il Consiglio del marchese chiede a questa citta un intervento militare a fianco delle truppe estensi, dopo essersi garantita la neutralita di Firenze, potente protettrice del Frignanese ribelle. Ora sono due secoli che il Tiraboschi ha avanzato riserve sul novembre 1392 quale momento del casus belli; tale data comunque non si accorda con la riconciliazione di cui tratta il decreto marchionale del 5 aprile 1393, e neppure - dato l'eccessivo tempo trascorso da quel torto - con la risoluzione che si vedra essere presa nell'agosto 1393 dal Consiglio del marchese.
C'è da credere piuttosto che nell'autunno del 1392 si sia verificata quella richiesta formale di aiuto indirizzata a Lucca su cui la citata cronaca si diffonde. Si e visto come appena quattro mesi innanzi i comuni di Fanano, Fiumalbo e Riolunato rivolgessero all'Estense una lista di richieste accorate, e forse ultimative nei sottintesi, ricavandone risposte deludenti. E' anche indubbio che quelle popolazioni sentissero la loro dipendenza dalla lontana Corte ferrarese come un fatto poco piu che formale. Erano inoltre a loro ben note le mire espansionistiche di Obizzo, contrastate dalla Casa d'Este troppo debolmente, e l'insanabile inimicizia nata e cresciuta fra l'orgoglioso feudatario e il potente comune toscano.
A tale proposito non lasciano dubbi le parole del Sercambi quando afferma che "... Opizo sempre fu nimicho di Luccha et ... molti danni avea gia facti al Comune di Luccha", e poi allude ai "molti diservigi" e alle "ingiurie ricevute", di cui bisogna vendicarsi. Fra questi danni e ingiurie egli specifica solamente, in un ulteriore brano riferentesi al 1398, l'aiuto prestato ai Fiorentini dall'avo Nerio da Montegarullo nel sottrarre ai Lucchesi i territori garfagnini di Barga e Sommocolonia. Ma, trat-tandosi di vecchi rancori, deve esserci stato dell'altro. Sembra che Obizzo contasse tra i suoi seguaci e compagni di scorrerie un buon numero di fuorusciti lucchesi, cittadini o piu facilmente abitanti del contado, messi al bando dal governo della repubblica. Che Obizzo si ergesse, in funzione anti-lucchese, come alleato e protettore dei notabili garfagnini "indipendentisti" e provato dalle vicende belliche del 1396, come si esporra in seguito. Lo storico Pigna riferisce inoltre che i Lucchesi "si teneano ingiuriati da Obizo, che havea presa certa somma di danari col vendere loro alcune castella: et poi furtivamente se n'era impatronito".
I tre comuni suddetti, forse dietro suggerimento di intermediari toscani, mandano a Lucca un ambasciatore, certo ser Francesco da Fiumalbo, il quale "oltra le molte cose che disse in nella sua imbasciata" illustra in tre punti le proposte di cui e latore: a) passaggio sotto la protezione e la sovranita della repubblica di Lucca qualora il marchese perda il controllo del Frignano; b) agcvolazioni in materia di scambi commerciali e di transumanza; c) invio nel Frignano di cento fanti per guardia e difesa contro eventuali aggressioni nemiche. II governo di Lucca si mostra ben disposto e prontamente spedisce "al servigio di tali terre" la brigata richiesta, sotto il comando del valente capitano Agostino Avogadri.
Si arriva cosi, in un'atmosfera carica di incognite interne e inte-nazionali, al mese di luglio 1393, con la grave malattia del marchese Alberto e l'imminente crisi dinastica estense: si riaccendono le pretese alia signoria da parte di un ramo collaterale d'Este, nella persona di Azzo, figlio di Francesco; le potenze vicine (Padova, Milano e la stessa Venezia) scorgono un'occasione propizia per espandersi a spese dello Stato ferrarese, o almeno per fame un proprio satellite; Lucca tiene da mesi un'avanguardia militare nel Frignano; i cattani modenesi e reggiani tramano per recuperare la pienezza dei poteri.
Anche Obizzo da Montegarullo e convinto che il fanciullo Nicolo sara travolto dalla sfavorevole congiuntura e che la stessa Signoria estense andra incontro a dissoluzione, e tosto si decide ad occupare il cosiddetto Frignano immediato prima che lo facciano i Toscani o altri. E' dunque dopo il fatidico 30 luglio che si deve collocare la sua insurrezione, la quale forse piu che diretta contro il suo superiore puo essere intesa come finalizzata a prevenire le mosse degli antagonisti.
A questo punto il Consiglio del marchese, benche sommerso da innumerevoli difficolta, deve confrontarsi col problema appenninico, che non e piu dilazionabile. Senza dubbio ha sentore dei preparativi militari contro Obizzo che sono in corso a Lucca e, non volendo lasciare mano libera a questa nella montagna modenese, ma del pari preferendo incontrarla cola come alleata piuttosto che come nemica, delibera di chiederle ufficialmente un intervento armato e, per salvare in qualche modo il prestigio di Ferrara, di inviare lassu le proprie milizie da affiancare a quelle dei feudatari di parte ghibellina. A capo del piccolo contingente che marcia sotto le insegne d'Este viene messo il capitano di ventura bolognese Ravaresio (o Ravagese) da Savigno.
A proposito di questa guerra le fonti di parte estense sono avare di particolari, limitandosi a sottolineare la pesante sconfitta subita dal ribelle dopo vari assedi e combattimenti; inoltre esse tendono a tenere in ombra il peso preponderante dell'apporto lucchese, cosi in termini di forze in campo come pure di risultati conseguiti. E' necessario pertanto seguire con attenzione quella preziosa raccolta di notizie che sono le pagine di Giovanni Sercambi, uno dei quattro comandanti lucchesi.
II breve conflitto estivo-autunnale del 1393 e stato narrate succintamente, e non sempre con la dovuta esattezza, da varie fonti emiliane, e assai diffusamente da una sola toscana, la cronaca di Giovanni Sercambi. Nessuna di queste, pero, enuncia palesemente le vere ragioni che avrebbero indotto la Signoria ferrarese, con i suoi vassalli ghibellini, e la repubblica di Lucca a mettere in piedi repentinamente una bizzarra alleanza per giungere, quasi in concorrenza, a neutralizzare il signore da Montegarullo, il quale da ben lungo tempo si portava da indocile, come del resto facevano tanti altri nobili delle remote plaghe appennino-apuane.
II Sercambi, forse per far apparire plausibile l'intervento lucchese, scrive che nel novembre 1392 Obizzo si ribella al marchese di Ferrara, e comincia a sottrargli parecchie terre; in seguito a ciò alcune comunita frignanesi si sentono minacciate e ricorrono a Lucca, che invia dei soldati a loro difesa; da ultimo, anche il Consiglio del marchese chiede a questa citta un intervento militare a fianco delle truppe estensi, dopo essersi garantita la neutralita di Firenze, potente protettrice del Frignanese ribelle. Ora sono due secoli che il Tiraboschi ha avanzato riserve sul novembre 1392 quale momento del casus belli; tale data comunque non si accorda con la riconciliazione di cui tratta il decreto marchionale del 5 aprile 1393, e neppure - dato l'eccessivo tempo trascorso da quel torto - con la risoluzione che si vedra essere presa nell'agosto 1393 dal Consiglio del marchese.
C'è da credere piuttosto che nell'autunno del 1392 si sia verificata quella richiesta formale di aiuto indirizzata a Lucca su cui la citata cronaca si diffonde. Si e visto come appena quattro mesi innanzi i comuni di Fanano, Fiumalbo e Riolunato rivolgessero all'Estense una lista di richieste accorate, e forse ultimative nei sottintesi, ricavandone risposte deludenti. E' anche indubbio che quelle popolazioni sentissero la loro dipendenza dalla lontana Corte ferrarese come un fatto poco piu che formale. Erano inoltre a loro ben note le mire espansionistiche di Obizzo, contrastate dalla Casa d'Este troppo debolmente, e l'insanabile inimicizia nata e cresciuta fra l'orgoglioso feudatario e il potente comune toscano.
A tale proposito non lasciano dubbi le parole del Sercambi quando afferma che "... Opizo sempre fu nimicho di Luccha et ... molti danni avea gia facti al Comune di Luccha", e poi allude ai "molti diservigi" e alle "ingiurie ricevute", di cui bisogna vendicarsi. Fra questi danni e ingiurie egli specifica solamente, in un ulteriore brano riferentesi al 1398, l'aiuto prestato ai Fiorentini dall'avo Nerio da Montegarullo nel sottrarre ai Lucchesi i territori garfagnini di Barga e Sommocolonia. Ma, trat-tandosi di vecchi rancori, deve esserci stato dell'altro. Sembra che Obizzo contasse tra i suoi seguaci e compagni di scorrerie un buon numero di fuorusciti lucchesi, cittadini o piu facilmente abitanti del contado, messi al bando dal governo della repubblica. Che Obizzo si ergesse, in funzione anti-lucchese, come alleato e protettore dei notabili garfagnini "indipendentisti" e provato dalle vicende belliche del 1396, come si esporra in seguito. Lo storico Pigna riferisce inoltre che i Lucchesi "si teneano ingiuriati da Obizo, che havea presa certa somma di danari col vendere loro alcune castella: et poi furtivamente se n'era impatronito".
I tre comuni suddetti, forse dietro suggerimento di intermediari toscani, mandano a Lucca un ambasciatore, certo ser Francesco da Fiumalbo, il quale "oltra le molte cose che disse in nella sua imbasciata" illustra in tre punti le proposte di cui e latore: a) passaggio sotto la protezione e la sovranita della repubblica di Lucca qualora il marchese perda il controllo del Frignano; b) agcvolazioni in materia di scambi commerciali e di transumanza; c) invio nel Frignano di cento fanti per guardia e difesa contro eventuali aggressioni nemiche. II governo di Lucca si mostra ben disposto e prontamente spedisce "al servigio di tali terre" la brigata richiesta, sotto il comando del valente capitano Agostino Avogadri.
Si arriva cosi, in un'atmosfera carica di incognite interne e inte-nazionali, al mese di luglio 1393, con la grave malattia del marchese Alberto e l'imminente crisi dinastica estense: si riaccendono le pretese alia signoria da parte di un ramo collaterale d'Este, nella persona di Azzo, figlio di Francesco; le potenze vicine (Padova, Milano e la stessa Venezia) scorgono un'occasione propizia per espandersi a spese dello Stato ferrarese, o almeno per fame un proprio satellite; Lucca tiene da mesi un'avanguardia militare nel Frignano; i cattani modenesi e reggiani tramano per recuperare la pienezza dei poteri.
Anche Obizzo da Montegarullo e convinto che il fanciullo Nicolo sara travolto dalla sfavorevole congiuntura e che la stessa Signoria estense andra incontro a dissoluzione, e tosto si decide ad occupare il cosiddetto Frignano immediato prima che lo facciano i Toscani o altri. E' dunque dopo il fatidico 30 luglio che si deve collocare la sua insurrezione, la quale forse piu che diretta contro il suo superiore puo essere intesa come finalizzata a prevenire le mosse degli antagonisti.
A questo punto il Consiglio del marchese, benche sommerso da innumerevoli difficolta, deve confrontarsi col problema appenninico, che non e piu dilazionabile. Senza dubbio ha sentore dei preparativi militari contro Obizzo che sono in corso a Lucca e, non volendo lasciare mano libera a questa nella montagna modenese, ma del pari preferendo incontrarla cola come alleata piuttosto che come nemica, delibera di chiederle ufficialmente un intervento armato e, per salvare in qualche modo il prestigio di Ferrara, di inviare lassu le proprie milizie da affiancare a quelle dei feudatari di parte ghibellina. A capo del piccolo contingente che marcia sotto le insegne d'Este viene messo il capitano di ventura bolognese Ravaresio (o Ravagese) da Savigno.
A proposito di questa guerra le fonti di parte estense sono avare di particolari, limitandosi a sottolineare la pesante sconfitta subita dal ribelle dopo vari assedi e combattimenti; inoltre esse tendono a tenere in ombra il peso preponderante dell'apporto lucchese, cosi in termini di forze in campo come pure di risultati conseguiti. E' necessario pertanto seguire con attenzione quella preziosa raccolta di notizie che sono le pagine di Giovanni Sercambi, uno dei quattro comandanti lucchesi.